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Postuar nga déjà-vu datë 01 Tetor 2003 - 18:09:

Paradiso (canto 10)

10. 1 Guardando nel suo Figlio con l'Amore
10. 2 che l'uno e l'altro etternalmente spira,
10. 3 lo primo e ineffabile Valore

10. 4 quanto per mente e per loco si gira
10. 5 con tant'ordine fé, ch'esser non puote
10. 6 sanza gustar di lui chi ciò rimira.

10. 7 Leva dunque, lettore, a l'alte rote
10. 8 meco la vista, dritto a quella parte
10. 9 dove l'un moto e l'altro si percuote;

10. 10 e lì comincia a vagheggiar ne l'arte
10. 11 di quel maestro che dentro a sé l'ama,
10. 12 tanto che mai da lei l'occhio non parte.

10. 13 Vedi come da indi si dirama
10. 14 l'oblico cerchio che i pianeti porta,
10. 15 per sodisfare al mondo che li chiama.

10. 16 Che se la strada lor non fosse torta,
10. 17 molta virtù nel ciel sarebbe in vano,
10. 18 e quasi ogne potenza qua giù morta;

10. 19 e se dal dritto più o men lontano
10. 20 fosse 'l partire, assai sarebbe manco
10. 21 e giù e sù de l'ordine mondano.

10. 22 Or ti riman, lettor, sovra 'l tuo banco,
10. 23 dietro pensando a ciò che si preliba,
10. 24 s'esser vuoi lieto assai prima che stanco.

10. 25 Messo t'ho innanzi: omai per te ti ciba;
10. 26 ché a sé torce tutta la mia cura
10. 27 quella materia ond'io son fatto scriba.

10. 28 Lo ministro maggior de la natura,
10. 29 che del valor del ciel lo mondo imprenta
10. 30 e col suo lume il tempo ne misura,

10. 31 con quella parte che sù si rammenta
10. 32 congiunto, si girava per le spire
10. 33 in che più tosto ognora s'appresenta;

10. 34 e io era con lui; ma del salire
10. 35 non m'accors'io, se non com'uom s'accorge,
10. 36 anzi 'l primo pensier, del suo venire.

10. 37 E' Beatrice quella che sì scorge
10. 38 di bene in meglio, sì subitamente
10. 39 che l'atto suo per tempo non si sporge.

10. 40 Quant'esser convenia da sé lucente
10. 41 quel ch'era dentro al sol dov'io entra'mi,
10. 42 non per color, ma per lume parvente!

10. 43 Perch'io lo 'ngegno e l'arte e l'uso chiami,
10. 44 sì nol direi che mai s'imaginasse;
10. 45 ma creder puossi e di veder si brami.

10. 46 E se le fantasie nostre son basse
10. 47 a tanta altezza, non è maraviglia;
10. 48 ché sopra 'l sol non fu occhio ch'andasse.

10. 49 Tal era quivi la quarta famiglia
10. 50 de l'alto Padre, che sempre la sazia,
10. 51 mostrando come spira e come figlia.

10. 52 E Beatrice cominciò: «Ringrazia,
10. 53 ringrazia il Sol de li angeli, ch'a questo
10. 54 sensibil t'ha levato per sua grazia».

10. 55 Cor di mortal non fu mai sì digesto
10. 56 a divozione e a rendersi a Dio
10. 57 con tutto 'l suo gradir cotanto presto,

10. 58 come a quelle parole mi fec'io;
10. 59 e sì tutto 'l mio amore in lui si mise,
10. 60 che Beatrice eclissò ne l'oblio.

10. 61 Non le dispiacque; ma sì se ne rise,
10. 62 che lo splendor de li occhi suoi ridenti
10. 63 mia mente unita in più cose divise.

10. 64 Io vidi più folgór vivi e
10. 65 far di noi centro e di sé far corona,
10. 66 più dolci in voce che in vista lucenti:

10. 67 così cinger la figlia di Latona
10. 68 vedem talvolta, quando l'aere è pregno,
10. 69 sì che ritenga il fil che fa la zona.

10. 70 Ne la corte del cielo, ond'io rivegno,
10. 71 si trovan molte gioie care e belle
10. 72 tanto che non si posson trar del regno;

10. 73 e 'l canto di quei lumi era di quelle;
10. 74 chi non s'impenna sì che lÃ_ sù voli,
10. 75 dal muto aspetti quindi le novelle.

10. 76 Poi, sì cantando, quelli ardenti soli
10. 77 si fuor girati intorno a noi tre volte,
10. 78 come stelle vicine a' fermi poli,

10. 79 donne mi parver, non da ballo sciolte,
10. 80 ma che s'arrestin tacite, ascoltando
10. 81 fin che le nove note hanno ricolte.

10. 82 E dentro a l'un senti' cominciar: «Quando
10. 83 lo raggio de la grazia, onde s'accende
10. 84 verace amore e che poi cresce amando,

10. 85 multiplicato in te tanto resplende,
10. 86 che ti conduce su per quella scala
10. 87 u' sanza risalir nessun discende;

10. 88 qual ti negasse il vin de la sua fiala
10. 89 per la tua sete, in libertÃ_ non fora
10. 90 se non com'acqua ch'al mar non si cala.

10. 91 Tu vuo' saper di quai piante s'infiora
10. 92 questa ghirlanda che 'ntorno vagheggia
10. 93 la bella donna ch'al ciel t'avvalora.

10. 94 Io fui de li agni de la santa greggia
10. 95 che Domenico mena per cammino
10. 96 u' ben s'impingua se non si vaneggia.

10. 97 Questi che m'è a destra più vicino,
10. 98 frate e maestro fummi, ed esso Alberto
10. 99 è di Cologna, e io Thomas d'Aquino.

10.100 Se sì di tutti li altri esser vuo' certo,
10.101 di retro al mio parlar ten vien col viso
10.102 girando su per lo beato serto.

10.103 Quell'altro fiammeggiare esce del riso
10.104 di Grazian, che l'uno e l'altro foro
10.105 aiutò sì che piace in paradiso.

10.106 L'altro ch'appresso addorna il nostro coro,
10.107 quel Pietro fu che con la poverella
10.108 offerse a Santa Chiesa suo tesoro.

10.109 La quinta luce, ch'è tra noi più bella,
10.110 spira di tal amor, che tutto 'l mondo
10.111 lÃ_ giù ne gola di saper novella:

10.112 entro v'è l'alta mente u' sì profondo
10.113 saver fu messo, che, se 'l vero è vero
10.114 a veder tanto non surse il secondo.

10.115 Appresso vedi il lume di quel cero
10.116 che giù in carne più a dentro vide
10.117 l'angelica natura e 'l ministero.

10.118 Ne l'altra piccioletta luce ride
10.119 quello avvocato de' tempi cristiani
10.120 del cui latino Augustin si provide.

10.121 Or se tu l'occhio de la mente trani
10.122 di luce in luce dietro a le mie lode,
10.123 giÃ_ de l'ottava con sete rimani.

10.124 Per vedere ogni ben dentro vi gode
10.125 l'anima santa che 'l mondo fallace
10.126 fa manifesto a chi di lei ben ode.

10.127 Lo corpo ond'ella fu cacciata giace
10.128 giuso in Cieldauro; ed essa da martiro
10.129 e da essilio venne a questa pace.

10.130 Vedi oltre fiammeggiar l'ardente spiro
10.131 d'Isidoro, di Beda e di Riccardo,
10.132 che a considerar fu più che viro.

10.133 Questi onde a me ritorna il tuo riguardo,
10.134 è 'l lume d'uno spirto che 'n pensieri
10.135 gravi a morir li parve venir tardo:

10.136 essa è la luce etterna di Sigieri,
10.137 che, leggendo nel Vico de li Strami,
10.138 silogizzò invidiosi veri».

10.139 Indi, come orologio che ne chiami
10.140 ne l'ora che la sposa di Dio surge
10.141 a mattinar lo sposo perché l'ami,

10.142 che l'una parte e l'altra tira e urge,
10.143 tin tin sonando con sì dolce nota,
10.144 che 'l ben disposto spirto d'amor turge;

10.145 così vid'io la gloriosa rota
10.146 muoversi e render voce a voce in tempra
10.147 e in dolcezza ch'esser non pò nota
10.148 se non colÃ_ dove gioir s'insempra.


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