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scienze mediche

versioni italisht i "medical sciences"...nje teme ku do te kete shkrime por vetem ne gjuhen italiane...nese kjo teme perben ndonje problem (psh,pse te mos hapet ne gjuhet tjeter si gjermanisht,a ku ta di une),atehere mund te ma thoni dhe e fshij pa problem
nje arsye me teper qe po e hap eshte fakti qe jo gjithmone kemi kohe qe te perkthejme dicka keshtu qe mund ta bejme direkt duke e kopjuar dhe ngjitur ketu...si dhe fakti qe ka shume persona qe e kuptojne kete gjuhe...keshtu rritet edhe numri i personave qe mund te lexojne artikuj ne gjuhe te huaj (ato qe nuk dine anglisht,por vetem italisht mund ta lexojne kete teme.kurse ato qe dine anglisht por jo italisht mund te lexojne temen "medical sciences")

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Mesazh i vjetėr 11 Qershor 2006 00:22
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Ginocchio tutto nuovo (1)

Cod. C11062006

19/04/2006
Claudia Boselli
 
Ogni anno in Italia oltre 200 mila persone entrano in sala operatoria per un intervento di artroscopia al menisco, circa 40 mila per la ricostruzione di un legamento: i danni al ginocchio sono in crescita continua. Perché? Per la diffusione dell'attivitą sportiva e l'allungamento della vita media. Ma c'č anche un motivo per cosģ dire anatomico. Questa zona del corpo sfida infatti le leggi della meccanica: la parte terminale del femore č rotonda, quella superiore della tibia č piatta. Conseguenza: un rischio maggiore di lesioni ai menischi (i dischi ammortizzatori tra femore e tibia), ai legamenti (gli stabilizzatori dell'articolazione) e alla cartilagine (lo strato che riveste le articolazioni e consente movimenti privi di attrito).

Le lesioni possono essere traumatiche o degenerative. Le prime riguardano soprattutto chi fa sport e colpiscono i legamenti, in particolare il crociato anteriore, molto vulnerabile in sci, pallavolo e calcio, e i menischi. Le seconde sono causate dalla cartilagine usurata per il passare degli anni, per trauma o per deformazioni articolari: diventa ruvida e squamosa e porta all'artrosi, con il ben noto fardello di dolore, gonfiore e rigiditą articolare. Č un fenomeno molto diffuso: sono 1 milione gli italiani che soffrono di artrosi al ginocchio. Oggi la scienza offre nuovi trattamenti e nuove tecnologie. I chirurghi ortopedici operano legamenti e menischi in modo sempre meno invasivo, in artroscopia: ossia praticando incisioni di piccole dimensioni (5 millimetri) al posto di grandi tagli.

Funziona cosģ: l'artroscopio viene introdotto nel ginocchio e trasmette le immagini al chirurgo, che lavora senza dover aprire l'articolazione. «Si puņ cosģ ripulire una cartilagine danneggiata, ricostruire legamenti, salvare un menisco rotto ricucendolo con particolari suture o non asportarlo totalmente, come in passato» spiega Roberto D'Anchise, responsabile della prima unitą operativa di chirurgia del ginocchio all'Istituto Galeazzi di Milano. I vantaggi della chirurgia mininvasiva? «Il dolore postoperatorio č minore, il rischio di infezioni ridotto e il recupero pił veloce, insieme alla possibilitą di ridurre al minimo l'asportazione del menisco. A condizione che l'intervento sia fatto da mani esperte» precisa.

Ci sono novitą anche per quanto riguarda i trapianti. I legamenti, nella grande maggioranza dei casi, sono sostituiti con tessuto autologo, cioč prelevato dal paziente. Ma oggi, soprattutto in caso di rirottura di un legamento o nelle lesioni di pił legamenti, si puņ ricorrere a innesto da cadavere, rivolgendosi a istituzioni specializzate. Lo scenario č molto promettente per sostituire i menischi asportati (gli Usa hanno un'esperienza decennale, con 4.500-5.000 casi l'anno).
Il primo trapianto di menisco in Italia risale al 2002, effettuato da D'Anchise in collaborazione con Carlo Fabbriciani. «Da allora ne sono stati eseguiti 55 in una dozzina di centri» dice Luigi Pederzini, presidente della Societą italiana di artroscopia, che ha costituito un gruppo di lavoro.

Obiettivo del trapianto č restituire il cuscinetto assorbiurti prima che la cartilagine soffra di usura precoce e causi artrosi. I risultati del menisco di ricambio sono buoni come recupero del movimento e scomparsa del dolore. «Occorre perņ un periodo di osservazione pił lungo per avere la conferma dei risultati nel lungo termine» puntualizza D'Anchise.

continua...

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Mesazh i vjetėr 11 Qershor 2006 15:43
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Ginocchio tutto nuovo (2)

Il trapianto di menisco ha indicazioni precise: lo puņ fare chi ha meno di 45 anni, ha subito l'asportazione di un menisco e soffre da tempo di dolori non artrosici. «Il menisco ha un numero limitato di cellule, quindi provoca una modesta risposta del sistema immunitario, e il paziente non deve assumere farmaci immunosoppressivi» dice D'Anchise. E i rischi di trasmissione di malattie dal donatore? «Minimi e sovrapponibili a quelli di una trasfusione di sangue».
Anche i condrociti, le cellule della cartilagine, possono essere trapiantati: ricavati da un frammento di cartilagine del paziente, sono fatti moltiplicare su una membrana di tessuto biocompatibile, poi fissata all'articolazione. La situazione in Italia č in stallo da quando č stata recepita la direttiva europea che equipara una cellula fatta crescere in vitro a un farmaco. L'autoritą competente che dovrą autorizzare questo metodo č l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa).

Nel frattempo č stata aperta una nuova via salvacartilagine: il gel piastrinico. «I fattori di crescita, di cui le piastrine sono ricche, possono stimolare la formazione di tessuto molto vicino, per caratteristiche morfologiche e funzionali, a quello della cartilagine» spiega Marco D'Imporzano, capo dipartimento di chirurgia e primario della terza divisione dell'Istituto ortopedico Gaetano Pini di Milano.
Dal 2005 l'Istituto ha in corso una sperimentazione autorizzata dalla Regione Lombardia. «In sala operatoria si preleva il sangue dal paziente, mentre si procede con le fasi iniziali dell'intervento si prepara il concentrato piastrinico da porre sulla zona da rigenerare» prosegue D'Imporzano. Per evitare che le neocellule emigrino, il chirurgo fissa il gel in una sorta di piccolo cratere chiuso da una membrana di collagene suino: come una toppa sulla manica strappata di una giacca.

«La tecnica č indicata nei casi di cartilagine usurata da trauma o malattia, non da artrosi, e quando il danno č importante ma circoscritto a pochi centimetri di diametro» sottolinea Arturo Guarino, traumatologo sportivo e aiuto di chirurgia ortopedica al Pini. «Le prime osservazioni su una cinquantina di pazienti tra 15 e 35 anni sono promettenti: scomparsa o riduzione del dolore, ripresa dell'attivitą lavorativa e in alcuni casi anche sportiva» riferisce. I dati preliminari dello studio, che si concluderą nel 2007, sono attesi a fine 2006.
Passi avanti si stanno facendo anche per quando riguarda le protesi nell'artrosi, che possono essere totali (femore e tibia), per le lesioni gravi, o parziali (parte interna o esterna di femore e tibia). Costruite in materiali sempre pił perfezionati, hanno un'elevata percentuale di successo: 90 per cento a 15 anni di distanza.

E con il software navigatore, simile a quelli che si usano nelle auto, inserire una protesi del ginocchio č operazione pił precisa e veloce: minisensori comunicano i parametri tridimensionali dell'osso al computer, che li elabora e indica al chirurgo dove intervenire. «Sistemare con esattezza una protesi permette di usare modelli pił piccoli riducendo al minimo la quantitą di osso da asportare per far posto all'impianto» dice D'Imporzano.
L'utilizzo del navigatore, perņ, non č ancora una pratica abituale per alcuni limiti tecnici. Su 100 protesi, 70 sono destinate alle donne, ma il sesso non fa differenza perché gli impianti hanno le stesse dimensioni. Nel futuro le cose potrebbero cambiare: prototipi a misura di donna sono stati presentati al congresso dell'American academy dei chirurghi ortopedici, a Chicago. In linea con la tendenza della medicina verso trattamenti personalizzati.

Panorama.it

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Mesazh i vjetėr 11 Qershor 2006 15:46
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i geni del doping (1)

Cod. A21062006

24/4/2006
Marco Bonarrigo
Č gią possibile creare, in laboratorio, animali dai muscoli abnormi e iperresistenti. Lo racconta Donald Rabin, direttore scientifico dell'Agenzia mondiale antidoping. Ci aspetta un futuro di Agm, atleti geneticamente modificati?

Schwarzy non č un topo di laboratorio come gli altri: i muscoli delle cosce sono ipertrofici, il 20 per cento pił sviluppati di quelli di un topo normale. Per capire, invece, che Marathon č un ratto fuori dal comune bisogna farlo correre su un tapis-roulant: prima di fermarsi sfinito avrą coperto una distanza doppia rispetto a un esemplare normale.
Frutto rispettivamente degli esperimenti legati alla cura della degenerazione muscolare di Lee Sweeney, all'Universitą di Pennsylvania, e di quelli contro l'obesitą di Ronald Evans, al Salk Institute di San Diego, Schwarzy e Marathon sono due esempi di come il doping genetico possa modificare drasticamente l'organismo animale, rendendolo da un lato molto pił forte e dall'altro pił resistente. E forza e resistenza sono le chiavi del successo in ogni sport. Almeno in laboratorio, insomma, il futuro del doping esiste gią.

Oliver Rabin, 45 anni, ingegnere biomedico francese, č il direttore scientifico della Wada, l'Agenzia mondiale antidoping. Con 28 milioni di dollari l'anno, versati dai paesi aderenti, Rabin deve promuovere progetti di ricerca che non solo si occupino di combattere il doping, ma anche di prevederne il futuro. E quello genetico č il fronte pił caldo, visto che questa pratica č vietata dalla Wada fin dal 2000. «Non esiste la prova che circolino gią atleti geneticamente dopati» dice Rabin a Panorama «ma di sicuro qualcuno sta sperimentando come trattarli. Sweeney, per esempio, riceve spesso telefonate ed email di atleti e allenatori che vogliono informazioni sul suo metodo di lavoro.

Il passaggio alla genetica rappresenta per il doping un capovolgimento. «In futuro cercare tracce di farmaci come prova della frode potrebbe essere inutile, perché i farmaci si useranno sempre meno. L'atleta che oggi assume Epo sintetica per aumentare i globuli rossi e la resistenza un domani produrrą pił Epo naturale perché trattato geneticamente. E l'onere di dimostrarlo sarą nostro» prevede Rabin.
Come succede da sempre, il doping utilizza e deforma terapie e pratiche cliniche nate per curare persone malate. Una volta perfezionata, la terapia genica sarą una grande opportunitą nella cura di patologie gravi e rare. Lo farą usando virus, resi non tossici, come vettori per trasferire informazioni genetiche mancanti o difettose nelle cellule.

La terapia per alcune di queste malattie, come la distrofia, ha un obiettivo che potrebbe far gola a molti atleti: l'aumento delle masse muscolari. Nel caso dei topi Schwarzy, l'équipe dell'Universitą di Pennsylvania ha inserito nelle cellule degli arti dei roditori il gene che modula la produzione di Igf-1 (fattore di crescita insulino-simile), l'ormone che regola la costruzione di muscoli e ossa. I topi cosģ trattati crescevano con masse muscolari superiori al normale, anche senza bisogno di allenamento, e mantenevano forza e massa immutate in etą avanzata.

Lo scorso anno, Jim Wilson del Gene therapy program di Filadelfia ha inserito nel midollo osseo di alcuni macachi un gene in grado di aumentare la produzione di eritropoietina. «Č una tecnica complessa» spiega Rabin. «Bisogna centrare la cellula giusta e il punto giusto nella cellula. Se il lavoro č fatto bene, l'organismo č in grado di produrre molta pił Epo e quindi puņ trasformare le sue prestazioni in termini di resistenza».

continua...

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Modifikuar nga NS-6 datė 08/04/2007 ora 23:09

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Mesazh i vjetėr 20 Qershor 2006 23:28
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i geni del doping (2)

Questa produzione deve essere modulata tramite l'assunzione di determinati farmaci (tra questi alcuni antibiotici e corticosteroidi), prima di una gara o di un allenamento pesante, modificando cilindrata e potenza dell'atleta per il tempo necessario a raggiungere l'obiettivo. I farmaci, quindi, come una sorta di interruttore che trasforma l'organismo dell'atleta attivando un secondo «motore genico».

Un problema sono gli effetti collaterali, per adesso difficilmente controllabili, sia nel doping sia nella terapia medica. I macachi trattati dal gruppo di Jim Wilson, infatti, iniziarono a iperprodurre eritropoietina in misura apparentemente controllabile con i farmaci.
Ma poi la produzione scese a livelli infimi, fino alla morte degli animali per anemia. Secondo Wilson, il sistema immunitario dei primati aveva reagito reprimendo non solo la produzione di Epo indotta dal gene inserito ma anche quella naturale. Nel passaggio dagli esperimenti sugli animali alla pratica sull'uomo molte cose possono cambiare. Perņ i rischi per la salute restano altissimi.

Di fronte a tecniche cosģ elaborate cosa puņ fare uno scienziato dell'antidoping? «Apparentemente poco» risponde Rabin «perché per dimostrare che un atleta č dopato dovremmo individuare la cellula muscolare in cui č stato inserito il gene responsabile delle alterazioni: come cercare un ago in un pagliaio. Una tecnica efficace potrebbe essere la biopsia, ma č eticamente impensabile usarla.
E, anche se alcuni studi stanno cercando di distinguerla, l'Epo prodotta per stimolazione genetica dall'organismo č quasi indistinguibile da quella naturale». Ma alla Wada non si arrendono, perché se si rivoluziona il doping si appresta a farlo anche l'antidoping. Alcune delle tecniche pił promettenti sono inedite per il settore: la tomografia assiale, la risonanza magnetica e altre tecniche diagnostiche analoghe.

Kurt Zinn, direttore del dipartimento di radiologia dell'Universitą dell'Alabama, ha dimostrato che usando la bioluminescenza si rilevano con assoluta precisione le aree dove vengono iniettati i geni nei muscoli dei ratti, anche molti giorni dopo il trattamento. Una tac potrą quindi trasformarsi in controllo antidoping?
«Non certo sul campo di gara» dice Rabin «per i costi e problemi di trasporto delle apparecchiature. E non in maniera casuale. Ma gli atleti che presentano anomalie nei parametri ematici potrebbero venire sottoposti a un esame come la risonanza, una volta che si sia appurata la liceitą etica e legale di questa procedura e si sia verificato che non ci siano rischi per le persone. Non cercheremo le sostanze, ma la loro firma».

Le anomalie che fanno diventare un atleta sospetto vengono rilevate dai cosiddetti controlli longitudinali. «La maggior parte delle federazioni sportive» afferma Rabin «segue le nostre direttive e raccoglie i risultati degli esami di sangue e urine degli atleti fin da quando sono ragazzini, in modo da leggere l'evoluzione del loro organismo su base storica».

I parametri ematici possono subire lievi alterazioni in caso di malattia o soggiorni in altura, ma in genere restano immutati dalla gioventł alla vecchiaia. Quando le alterazioni sono importanti, probabilmente c'č di mezzo il doping. Una cosa č certa: nell'era della terapia genica anche chi si dopa avrą vita dura.
Oltre a rischiare la salute, dovrą necessariamente avere un supporto costoso e qualificato alle spalle. Perché se adesso l'Epo si trova su internet e a iniettarsela sono capaci tutti, per rendere innocuo un virus, usarlo come vettore dove inserire un gene e centrare la cellula giusta nel muscolo non basteranno certo infermieri praticoni o medici compiacenti.

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Mesazh i vjetėr 20 Qershor 2006 23:31
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La rabbia? Si riconosce subito.E le donne "captano" la felicita

Cod. A23062006

22/06/2006
ROMA - Una faccia arrabbiata non passa inosservata, soprattutto se appartiene a un uomo. Bastano poche frazioni di secondo per notarla, molto meno del tempo necessario a captare altre emozioni sul volto altrui. Lo ha dimostrato una ricerca condotta fra Stati Uniti e Australia. Lo studio č stato pubblicato sulla rivista Current Biology. Gli psicologi Mark Williams, del Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Boston, e Jason Mattingley, dell'universitą di Melbourne, hanno dimostrato che l'emozione che si riconosce pił rapidamente č quella arrabbiata su un volto maschile. I ricercatori hanno osservato inoltre che gli uomini sono i pił veloci a riconoscere, tra tanti visi, quelli arrabbiati. Mentre le donne battono tutti in velocitą quando si tratta di riconoscere emozioni come felicitą e tristezza. Un dato coerente, da un punto di vista evolutivo, con il fatto che i maschi devono essere pił pronti a rispondere a un eventuale attacco improvviso, mentre le femmine hanno un peso sociale maggiore nel gruppo e di conseguenza devono essere abili a cogliere tristezza e felicitą. Lo studio č stato condotto su un gruppo di volontari ai quali sono state mostrate foto di persone, i cui volti esprimevano emozioni diverse. Č stato poi misurato il tempo impiegato dagli osservatori per individuare chi manifestava rabbia. Ansa

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Mesazh i vjetėr 23 Qershor 2006 00:30
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Mentre si dorme, il cervello cancella le informazioni inutili

Cod. B29062006

28 giugno 2006

La scoperta, dovuta ad un ricercatore italiano che lavora negli Stati Uniti, č stata presentata al recente convegno sul cervello svoltosi a Firenze  
 
 
 Dormire serve a rimettere ordine nel cervello. Lo dimostrano gli studi compiuti dal team di ricercatori guidato dal professor Giulio Tononi, docente di psichiatria all'universitą del Wisconsin, e uno dei relatori di maggior prestigio del convegno mondale sul cervello, Human brain mapping, che si č svolto nei giorni scorsi a Firenze. Il suo gruppo di ricerca si occupa, in particolare, dei meccanismi e delle funzioni del sonno. Le ricerche hanno dimostrato che il cervello sfrutta il sonno per fare ordine e scremare quanto di inutile ha accumulato durante la giornata, preparandosi ad affrontare al meglio quella successiva.
 
I ricercatori hanno scoperto inoltre che ogni area del cervello puņ cadere in un sonno pił o meno profondo in proporzione a quanto ha lavorato durante il giorno (nell'immagine, l'attivitą cerebrale durante il sonno). Pił il sonno č profondo pił il giorno seguente quella regione cerebrale eseguirą meglio i suoi compiti. Basandosi su dati comportamentali, farmacologici e criteri molecolari, il team di Tononi ha inoltre dimostrato che la Drosophila, il cosiddetto moscerino della frutta, ha dinamiche sonno-veglia simili a quelle dell'uomo.
 
''Il moscerino della frutta dorme come l'uomo e ci sta insegnando che cosa avviene nel nostro cervello quando dormiamo e quando soffriamo la privazione di sonno", dice Tononi. ''Per provare e capire la funzione del sonno e per chiarire le conseguenze funzionali della perdita di sonno, il nostro laboratorio ha impiegato una combinazione di metodi differenti, dalla genetica dei moscerini, al profilo espressivo dell'intero genoma negli invertebrati e nei mammiferi, all'analisi del comportamento in gatti e topi".
Il primo metodo sfrutta il potenziale della genetica della Drosophila per identificare i geni addetti alla regolazione del sonno. Si č cosģ dimostrato che i moscerini dormono e hanno bisogno di dormire pił o meno allo stesso modo dei mammiferi.
''Con un secondo metodo di ricerca, invece, č stato sperimentato per la prima volta l'uso del profilo dell'intero genoma per identificare tutti i geni la cui espressione cambia nel cervello addormentato rispetto ad uno stato di veglia. Negli ultimi dieci anni - spiega Tononi - abbiamo portato avanti questi test sul genoma utilizzando micro-schiere di DNA ad alta densitą nei moscerini, nei ratti, nei criceti e negli esseri umani. Nei ratti abbiamo scoperto che le centinaia di geni vengono espressi in modo differente nel cervello durante il sonno e la veglia".
 
(Newton online)

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Sindrome di Down e Alzheimer

Cod. B09072006

06.07.2006
Sindrome di Down e Alzheimer
Nello studio sono stati utilizzati topi di laboratorio in cui č stata indotta la trisomia


Potrebbe essere sorprendentemente semplice la causa della morte neuronale che accomuna la sindrome di Down e la malattia di Alzheimer, da quanto si apprende leggendo due articoli pubblicati sulla rivista “Neuron”.
Nell’uomo, com’č noto, la sindrome di Down č caratterizzata da una trisomia, cioč dalla presenza di tre copie del cromosoma 21 invece che di due. Questa anomalia determina un sovrappił di geni, ma finora č rimasto un mistero il perché questa circostanza porti al ritardo mentale. Gli articoli firmati, rispettivamente, da Ahmad Salehi della Stanford University, e da Susan G. Dorsey dell’Universitą del Maryland e Lino Tessarollo del National Cancer Institute degli Stati Uniti, riguardano studi svolti utilizzando topi geneticamente modificati per riprodurre in questi animali la trisomia, con lo scopo di indagare i meccanismi che portano alla morte dei neuroni che sono importanti per le funzioni cognitive.
Nel lavoro di Salehi e colleghi, si conclude che l’aumento dell’espressione di un solo gene, quello che codifica la proteina precursore dell’amiloide (APP) – che ha un ruolo centrale anche nello sviluppo dell'Alzheimer – impedisce il corretto trasporto del fattore di crescita nervosa neurotrofina. Ciņ causerebbe la degenerazione dei neuroni colinergici del proencefalo basale, importanti per le funzioni cognitive.
Nel secondo lavoro pubblicato da “Neuron”, Dorsey e colleghi descrivono come il ristabilimento nelle cellule di livelli normali del recettore Trk per la neurotrofina BDNF porti a impedire la morte neuronale in un diverso modello animale della sindrome di Down.

(Le Scienze online)

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I segreti della metilazione del DNA

Cod. A18072006

I segreti della metilazione del DNA
14.7.2006
La sperimentazione si č svolta sul genoma di Arabidopsis, ma si ritiene che il meccanismo sia comune a tutti gli organismi superiori


Un importante passo in avanti per capire in che modo le cellule vegetali silenziano i geni non necessari utilizzando piccoli frammenti di RNA: č quello che hanno compiuto i biologi della Washington University a St. Louis.
In un articolo pubblicato sulla rivista “Cell”, Craig Pikaard e i suoi collaboratori hanno descritto otto proteine nella specie Arabidopsis che hanno un ruolo fondamentale nei meccanismi di mutilazione del DNA, una funzione epigenetica che coinvolge una modificazione chimica della citosina, una della quattro basi che costituiscono il DNA.
Senza una corretta metilazione del DNA, gli organismi superiori, dalle piante agli esseri umani, mostrano diversi problemi di sviluppo: dal nanismo nelle piante all’insorgenza di tumori negli esseri umani, fino alla morte nei topi. Un ruolo della metilazione del DNA č lo spegnimento dei geni ripetitivi come gli elementi trasponibili che si possono muovere lungo tutto il genoma e rovinare altre funzioni geniche se non vengono rilevati.
"I meccanismi che stiamo studiando – ha spiegato Pikaard – sono oggetto di un interessante fenomeno che si verifica nelle piante, e presumibilmente anche negli esseri umani, chiamato metilazione del DNA diretta dall’RNA. Ha luogo nel nucleo e coinvolge brevi catene di RNA, chiamate piccole molecole di RNA interferente, o siRNA."
Queste brevi sequenze, formate da soli 24 nucleotidi, sono in qualche modo responsabili della metilazione di sequenze di DNA che corrispondono in modo preciso alla sequenza delle siRNA, ma non senza l’aiuto della “squadra” di otto proteine dei cammini di metilazione del DNA diretti dall’RNA.

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Scoperta la proteina della vecchiaia

Cod. A25092006

18 settembre 2006

Si tratta di una sostanza che impedisce alle staminali adulte il ricambio cellulare che mantiene giovani producendo nuove cellule, ma che ci protegge dal cancro


La pelle raggrinzisce lasciando spazio a solchi incolmabili, il cervello non č pił agile e ricettivo come una volta, giunture e articolazioni stridono come ammortizzatori usurati: č la vecchiaia che, anche senza particolari malattie, si fa sentire perché con gli anni organi e tessuti non ricevono pił manutenzione e ricambio cellulare e cessano di funzionare in modo perfetto.

Da oggi, grazie a tre studi indipendenti tutti pubblicati su Nature, si conosce il colpevole di questo stato di abbandono nel nostro corpo: una molecola che aumenta con gli anni, via via impedendo alle cellule progenitrici dei vari tessuti, le staminali adulte, di compiere quel ricambio cellulare necessario alla loro manutenzione. Senza queste "cure", hanno spiegato i tre gruppi di ricerca - rispettivamente all' Harvard Stem Cell Institute di Boston, alla University of North Carolina (UNC) presso Chapel Hill e alla University of Michigan presso Ann Arbor - il funzionamento del corpo diventa claudicante e noi invecchiamo.
La proteina, p16INK4a, gią nota agli esperti per il suo ruolo di primo piano nel proteggerci dal cancro, causa quindi quel processo di senescenza cellulare a carico delle staminali, rendendole a un certo punto incapaci di proliferare e produrre nuove cellule che sostituiscano quelle usurate di organi e tessuti. Poiché la quantitą cellulare di p16INK4a aumenta con gli anni, hanno spiegato gli scienziati, il primo sviluppo di questa importantissima scoperta č che p16INK4a potrebbe divenire un marcatore per testare l'efficacia di nuovi ipotetici prodotti contro l'invecchiamento.

Ma se un giorno si riuscisse a modificare la quantitą di p16INK4a in modo che tale intervento non ci metta a rischio di cancro, la ''molecola della vecchiaia" potrebbe divenire un bersaglio di nuove terapie per rallentare i segni del tempo. Ogni organo e tessuto del nostro corpo possiede un'officina di manutenzione dove sono al lavoro le cellule staminali adulte. Via via che ce n'č bisogno, queste staminali si dividono dando sia cellule adulte che sostituiscono quelle usurate, sia altre staminali che rimangono come ''sorgente di giovinezza".

Per comprendere questo processo di ricambio basti pensare alla pelle: lo strato pił superficiale viene continuamente eliminato e in profonditą c'č un letto di staminali cutanee pronto a rifornire di nuove cellule la pelle. A un certo punto, perņ, l'etą avanza e compaiono le odiate rughe. Perché? Quei brutti segni indicano che il ricambio cellulare non avviene pił come dovrebbe e le staminali cutanee non producono pił come in passato cellule della pelle nuove di zecca.
Insomma, le staminali cutanee, e lo stesso avviene per gli altri organi del corpo, si sono impigrite, si dividono poco e sono ormai senescenti. Finora le basi di questo meccanismo erano sconosciute, ma si sapeva che esso č funzionale ad evitare la formazione di tumori. Infatti, con gli anni e il susseguirsi di generazioni di cellule staminali, queste accumulano errori nel loro codice genetico e possono dar vita a un tumore. Un imperscrutabile equilibrio fa sģ che ciņ non avvenga mandando le staminali "in pensione", ma il pegno da pagare č che invecchiamo.

Ebbene, gli scienziati hanno scoperto che detentore dello scettro di questo equilibrio č proprio la proteina p16INK4a. In particolare, l'equipe di Janakiraman Krishnamurthy della UNC ha mostrato il ruolo di p16INK4a nelle cellule produttrici di insulina nel pancreas. Quando invecchiamo quest'organo non č pił efficace nel regolare la glicemia e in molti casi si sviluppa il diabete; gli esperti hanno scoperto che p16INK4a aumenta nelle staminali pancreatiche mettendole ko e questo processo č direttamente collegato all'efficienza del pancreas nel produrre insulina.

Topolini transgenici senza p16INK4a, infatti, continuano anche da vecchi ad avere proliferazione delle cellule produttrici di insulina. Nello studio di Sean Morrison del Michigan, invece, č stato esaminato il ruolo di p16INK4a nella senescenza delle staminali neurali: anche in questo caso la molecola aumenta con l'etą e la senescenza di queste staminali č rallentata in topolini privi della proteina. Stessi risultati anche per le staminali emopoietiche, la fonte di ricambio per le cellule del sangue, studiate dal team di Harvard diretto da David Scadden.
Sembra chiaro, concludono gli esperti, che modulare l'aumento di p16INK4a negli anni potrebbe essere una delle strategie per rallentare il processo di invecchiamento, anche se la proteina p16INK4a non č l'unico attore in gioco e il suo ruolo protettivo contro i tumori la rende indispensabile e, quindi, non eliminabile tout court.

(Newton)

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Mesazh i vjetėr 24 Shtator 2006 23:08
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