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darke
Syri i Natės

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Lightbulb

Re: Istruzioni per il non uso del Piercing (3)

Hello! How is everybody? It's a pleasure to come here and read some of you.
I was reading this morning these articles about the use of piercing with a lot of interest, first of all because I have one in my navel. I made it 4 years ago. I haven't had any problem with it,... at least till now ...It's true that it last to cicatrice 1 to 4 years? I didn't know it could have so many problems... evenmore, here in Spain it's a costume that every born girl is made the "holes" in her ears just inmediatelly after the birth in the hospital! Like every costume, the earings use is felt with a lot of naturality, and nobody thinks or knows that it can have any risk.

Ciao! good afternoon!

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No, no dejéis cerradas las puertas de la noche, del viento, del relįmpago, la de lo nunca visto.

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Mesazh i vjetėr 03 Mars 2007 13:37
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Mnemonic

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hi there,Darke!How are u?Everything ok?

As u see from the article,in many cases the probable consequences of piercing are underestimated but recent publications are rising questions on their effect on the human body.

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Mesazh i vjetėr 03 Mars 2007 13:50
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Fajtori
Apo jo?

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Darke is here?????
Let's start a party for her?

Darke, we miss you.

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Ne vendin tim, ne vendin tend, e shpojne lakren, i hedhin mend...

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Mesazh i vjetėr 03 Mars 2007 13:59
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La vitamina C ha 75 anni e ancora riserva sorprese

Cod. B03032007

Finora si conoscono bene le caratteristiche chimiche, ma per scoprire tutte le sue proprietą terapeutiche i ricercatori sono convinti che siamo solo all'inizio.

Sono passati 75 anni da quando fu isolata per la prima volta, e 70 da quando "prese" il Nobel, ma la vitamina C non ha ancora finito di svelare i suoi segreti, anzi. Ogni anno 60 studi e 400 articoli ne scoprono nuovi effetti benefici, che ormai spaziano dalla classica prevenzione delle malattie da raffreddamento alla terapia delle malattie cardiovascolari alle proprietą contro l'anemia e il diabete.

''Della vitamina C conosciamo bene le caratteristiche chimiche, sappiamo come viene assorbita e come si comporta nell'organismo - spiega Michela Barichella, responsabile del Servizio Dietetico degli Istituti Clinici di Perfezionamento di Milano - ma sulla conoscenza di molte delle sue proprietą terapeutiche i primi studi sono appena apparsi in letteratura, e c'e' ancora molto da fare''.

Il primo successo di questa piccola molecola fu contro lo scorbuto (da cui il nome scientifico di acido ascorbico dato alla vitamina), una malattia che colpiva soprattutto i marinai che non mangiavano per lunghi periodi frutta e verdura. Il primo test clinico fu condotto nel 1747 da un chirurgo della marina reale inglese, James Lind, su 12 membri dell'equipaggio affetti da scorbuto a cui fece assumere un composto particolare: sidro, acido solforico, aceto, spezie ed erbe, acqua di mare, arance e limoni, individuando nelle ultime due quelle terapeutiche.

Nel 1921 il composto antiscorbuto venne denominato vitamina C e nel 1932, 75 anni fa, venne isolato e cristallizzato (nell'immagine) da Joseph Svirbely e da Albert Szent-Gyorgyi. Nel 1934 Walter Norman Haworth e Tadeus Reichstein riuscirono a sintetizzare la molecola in laboratorio. Nel 1937 Haworth, per questo risultato, vinse il premio Nobel per la chimica.

''Adesso l'attenzione non č pił su malattie dovute alla carenza di vitamina come lo scorbuto - continua Barichella - ma sulle potenzialitą che puņ avere dal punto di vista terapeutico. Ad esempio ci sono studi che hanno dimostrato che la vitamina C favorisce l'assorbimento del ferro, permettendo fra l'altro di 'estrarre' anche quello delle verdure che normalmente non č disponibile. Questo permette di contrastare la perdita di questo metallo connessa con il ciclo mestruale o con la gravidanza. In particolare, l'anemia post parto sembra essere connessa con la depressione, che puņ quindi essere prevenuta assumendo la vitamina. Anche l'assorbimento del calcio, minerale la cui perdita č causa dell'osteoporosi, č facilitato dall'acido ascorbico".

Uno dei pił grandi sostenitori della vitamina C č stato Linus Pauling, premio Nobel per la Chimica nel 1954 e per la Pace nel 1962, che si diceva convinto che questa molecola fosse capace di difendere l'organismo da quasi tutte le malattie. Alcune delle sue predizioni sembrano confermate dagli studi pił recenti: ''Risultati promettenti - conferma la nutrizionista - ci sono persino nella protezione da alcuni tumori, anche se devono ancora essere confermati da studi pił vasti".

(Newton)
01 marzo 2007

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Mesazh i vjetėr 03 Mars 2007 13:59
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Citim:
Po citoj ato që tha Fajtori
Darke is here?????
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Darke, we miss you.



Fajtor,she's too much busy now

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Mesazh i vjetėr 03 Mars 2007 14:00
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PSA, un parametro utile ma poco preciso

Cod. A05042007

Gli studiosi auspicano la ricerca di nuovi fattori predittivi

Il livello di PSA nel sangue di un individuo nel momento della diagnosi di un tumore della prostata o il suo tasso di variazione durante lo sviluppo della malattia non consente di prevedere adeguatamente la sua letalitą.

Č quanto riporta la rivista Journal of the National Cancer Institute in base a uno studio che si č svolto presso il Karolinska Institutet di Stoccolma, in Svezia.

Sebbene i soggetti con un tumore della prostata localizzato e non trattato abbiano tassi di sopravvivenza molto elevati, molti pazienti vengono trattati ugualmente. Per evitare un trattamento non necessario i ricercatori intendono identificare metodi per determinare quali pazienti abbiano un maggiore rischio di sviluppare un tumore prostatico letale. Il tasso di aumento dell’antigene prostatico specifico – una proteina prodotta dalla prostata – prima del trattamento č stata associata alla prognosi del paziente quale fattore predittivo del comportamento del tumore.

Per valutare l’accuratezza della prognosi in base alla misurazione del PSA, Katja Fall e colleghi hanno analizzato il suo tasso di variazione in 267 pazienti svedesi, finlandesi e islandesi con un diagnosi di tumore della prostata allo stadio primordiale tra il 1989 e il 1999. I pazienti non hanno ricevuto alcun trattamento per i primi due anni dalla diagnosi pur essendo seguiti attentamente per valutare una possibile progressione della patologia.

Alla fine del follow-up, nel dicembre del 2003, 34 pazienti erano morti a causa del cancro della prostata e 18 hanno sviluppato un cancro prostatico metastatico ma erano ancora vivi. Sebbene i valori iniziali di PSA e il tasso di variazione fossero associati all’insorgenza successiva del tumore, la previsione non aveva un'accuratezza soddisfacente.

”In base ai nostri studi, č possibile confermare che la misurazione del PSA č associata alla prognosi del tumore della prostata e continua a essere un importante strumento di monitoraggio”, scrivono gli autori. "Tuttavia, le prime misurazioni del PSA non aiutano molto a distinguere coloro che sviluppano un tumore letale da coloro che hanno un rischio basso o addirittura nullo di progressione della patologia.”

(04 aprile 2007)

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Mesazh i vjetėr 05 Prill 2007 17:52
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Le basi molecolari dell'intestino infiammato

Cod. A07042007

L'identificazione di questi meccanismi apre le porte a nuove terapie

Un gruppo internazionale di ricercatori č riuscito a identificare alcuni meccanismi molecolari che sono alla base di patologie intestinali come la sindrome da colon irritabile, il morbo di Crohn e la colite ulcerosa, che globalmente interessano circa quattro milioni di persone.

La ricerca, illustrata in un articolo pubblicato on line sul sito della rivista Nature, č stata condotta da Manolis Pasparakis, Arianna Nenci e Markus Neurath, nel quadro di una collaborazione fra l' Universitą di Colonia, il Laboratorio di Monterotondo dell' EMBL e l'Universitą di Mainz .

Usando sofisticati metodi genetici, i ricercatori hanno creato un modello murino che non esprime la proteina NEMO, necessaria ad attivare nelle cellule dell'epitelio intestinale il fattore di trascrizione NF-kB, una molecola che regola l'espressione di diversi geni che controllano sia l'immunitą innata sia l'immunitą acquisita. I geni controllati da NF-kB includono quelli per le citochine, per i recettori per le citochine, per le molecole di adesione e le molecole MHC; nell'intestino questa molecola sembra coinvolta nella modulazione dei meccanismi di risposta a fattori di stress.

I topi mutanti creati dai ricercatori hanno sviluppato un severo stato di infiammazione intestinale. "NF-kB agisce come segnale di sopravvivenza nei confronti di quelle cellule", ha detto Pasparakis. "In sua assenza le cellule muoiono pił facilmente creando delle soluzioni di continuitą nell'epitelio intestinale." Attraverso le lacune che cosģ si formano i batteri normalmente ospiti dell'intestino, dove partecipano ai processi digestivi, riescono a penetrare all'interno delle pareti intestinali, dove la loro azione genera una risposta infiammatoria che a sua volta dą origine alla patologia.

"Si tratta per di pił di un circolo vizioso - ha aggiunto - in quanto i segnali che stimolano l'infiammazione raggiungono anche le cellule epiteliali povere di NF-kB, che sono particolarmente sensibili a essi, tanto da morirne. Si creano cosģ ulteriori varchi alla penetrazione dei batteri che finiscono per innescare una risposta immunitaria costante."

(15 marzo 2007)

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Modifikuar nga NS-6 datė 07/04/2007 ora 23:16

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Mesazh i vjetėr 07 Prill 2007 11:47
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Down e X fragile: un meccanismo in comune

Cod. A12042007

Troppi circuiti cerebrali "ciechi" all'origine del ritardo mentale nelle sindromi di Down e dell'X fragile

Le due principali cause di ritardo mentale, la sindrome di Down e quella dell'X fragile potrebbero derivare da una causa comune, ossia lo sviluppo di una rete di comunicazione neuronale cerebrale deficitaria, e cosģ pure l'autismo. Questo č quanto risulterebbe da due ricerche condotte presso la Stanford University School of Medicine, entrambe coordinate da Daniel Madison, i cui risultati sono pubblicati sul numero odierno del Journal of Neuroscience, per quanto riguarda le sindrome dell'X fragile, e sul numero del 15 aprile prossimo del Journal of Physiology, per quanto riguarda la sindrome di Down.

Responsabile della sindrome dell'X fragile č un gene, chiamato Fmr1, situato sul cromosoma X. Dato che i maschi possiedono una sola copia di questo cromosoma, sono in genere colpiti in modo pił severo dalla malattia quando Fmr1 č mutato; tuttavia anche le femmine non sono immuni dalla patologia, a causa della cosiddetta inattivazione X, un fenomeno per cui viene silenziato a caso uno degli elementi della coppia di cromosomi X, che in questo caso dą origine a un mosaico di neuroni cerebrali alcuni dei quali sono deficitari e altri no. In altre condizioni potenzialmente patologiche legate al cromosoma X, come l'emofilia, le cellule normali riescono a compensare l'inefficienza di quelle malate, ma questo non avviene in generale per la rete dei neuroni cerebrali, in cui la buona cooperazione fra tutti gli elementi č essenziale.

Per realizzare lo studio i ricercatori hanno realizzato un topo mutante in cui vi erano solo alcune cellule cerebrali con il gene mutante Fmr1, le quali hanno mostrato di avere molte maggiori difficoltą di quelle normali a formare connessioni sinaptiche. In questo cervello "a mosaico", le cellule normali possono riuscire ad aggirare i vicoli ciechi che si formano nella rete a causa dei neuroni con il gene Fmr1, ma la sua struttura complessiva appare meno articolata. "Se per esempio il 10 per cento dei vostri neuroni normali si deve far carico della metą di tutto il lavoro neuronale, č inevitabile che la capacitą di trasmissione delle informazioni del vostro cervello si abbassi", ha osservato Madison.

Lo studio ha perņ messo in evidenza anche un altro importante aspetto: "Finora - ha sottolineato Madison - in questo campo l'enfasi era stata posta sulle difficoltą di ricezione dei neuroni, ossia a livello post-sinaptico. Ma i nostri risultati mostrano inequivocabilmente che sono le cellule presinaptiche quelle rilevanti in questo difetto."

Esattamente lo stesso tipo di risultati č stato ottenuto nel parallelo studio condotto su topi con l'analogo murino della sindrome di Down. "Riteniamo che questa ridotta complessitą delle reti sia alla base del ritardo mentale che si verifica in entrambe le sindromi", ha concluso Madison. "Se riuscissimo a compensare le deficienze sinaptiche delle cellule mutanti, potremmo incominciare a pensare al modo di incrementare le capacitą mentali dei pazienti con sindrome di Down o dell'X fragile."

(12 aprile 2007)

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Ecco perché il cervello giovane si adatta di pił

Cod. A14042007

di Folco Claudi

L’esperienza visiva sembra innescare una serie di alterazioni degli istoni e stimolare l’attivazione di geni noti per essere coinvolti nella regolazione e nella trascrizione di altri geni

Dal confronto dei meccanismi di regolazione genica in topi giovani e adulti un gruppo di ricercatori italiani ha evidenziato alcuni fattori chiave che possono spiegare la plasticitą del cervello.

Uno tra i grandi misteri della neurobiologia riguarda quali proprietą rendano cosģ plastici, cioč cosģ capaci di adattarsi all’esperienza, i cervelli giovani. Tale plasticitą si manifesta tuttavia solo in un limitato periodo di tempo: se per esempio un bambino viene privato della stimolazione visiva durante un iniziale periodo critico nel corso dei primi anni di vita soffrirą in modo permanente di un deficit del visus chiamato ambliopia o, comunemente, sindrome dell’occhio pigro.

Nel corso dell’esperimento – i cui risultati sono ora pubblicati sulla rivista “Neuron” a firma di Elena Putignano e Laura Cancedda della Scuola normale superiore di Pisa, e dei colleghi dell’Istituto di neuroscienze del CNR di Pisa e dell’Universitą di Firenze - topi giovani e topi adulti sono stati tenuti al buio per tre giorni ed esposti successivamente a brevi periodi di luce normale per poter analizzare la risposta dei meccanismi genetici che si attivavano nella corteccia visiva del cervello di ciascun animale.

Si č cosģ potuto constatare come i cervelli dei topi pił giovani mostrassero un’attivazione di specifici meccanismi genetici che nel cervello degli individui adulti non era presente. In particolare, l’esperienza visiva sembra innescare una serie di alterazioni degli istoni – le proteine che hanno il compito di impacchettare le molecole di DNA – e stimolare l’attivazione di geni noti per essere coinvolti nella regolazione e nella trascrizione di altri geni.

Le Scienze
(01 marzo 2007)

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Mesazh i vjetėr 14 Prill 2007 12:17
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CERVELLO, RISOLTO IL MISTERO DEL DEJA'-VU

CERVELLO, RISOLTO IL MISTERO DEL DEJA'-VU

Cod. A08062007

ROMA - Quante volte, pur trovandoci in una situazione del tutto nuova, ci siamo detti: 'io questa scena l'ho gią vissutą? Non ne siano delusi i sognatori, ma il misterioso deją-vu sembra essere solo un 'qui pro quo' del cervello che, pur scoperto essere abilissimo e dotato di una memoria ad hoc per distinguere posti diversi in base a piccoli dettagli, a volte fa confusione e scambia un luogo o una situazione nuovi per altri gią vissuti. Quella che sembra essere la decifrazione del mistero del deją-vu arriva con la scoperta, da parte dell'equipe del premio Nobel per la Medicina 1987 Susumu Tonegawa del Massachusetts Institute of Technology a Boston, del meccanismo di memorizzazione e distinzione di luoghi simili ma con piccole differenze, meccanismo che ha sede nell'ippocampo, il regno dei ricordi. In base alla loro scoperta, pubblicata oggi sulla rivista Science, gli scienziati ipotizzano che il deją-vu si verifica quando questo meccanismo si inceppa. Defalliance di tale sistema di memoria potrebbe anche essere alla base di molte situazioni di confusione frequenti soprattutto tra gli anziani. Quindi la scoperta puņ avere ricadute sullo studio e la cura di problemi di memoria.

Il deją-vu sembra quasi un'esperienza onirica che scaturisce dal profondo e pervade i nostri sensi all'improvviso, sorprendendoci e lasciandoci incapaci di capire se stiamo vivendo una scena gią vissuta, o un sogno o nulla di tutto ciņ. Luoghi, esperienze, incontri, puņ succedere a un certo punto di trovarci catapultati in un 'feed back' immaginario; ma é solo un'illusione della mente perché nulla di quello che stiamo vivendo in realtą č gią accaduto, né tanto meno lo abbiamo sognato. Se il deją-vu č un mistero di cui tutti facciamo esperienza nella vita, ci sono anche coloro che soffrono di veri e propri deją-vu cronici, un vero problema di memoria dai contorni ancora enigmatici. Gli esperti Usa pensano che alla base del deją-vu ci sia un meccanismo mnemonico precisamente predisposto a farci distinguere luoghi e situazioni simili ma non identiche tra loro. Gli esperti hanno scoperto l'esistenza di questo meccanismo: in una regione dell'ippocampo (il giro dentato) si crea quasi una sorta di 'stampa fotografica' di ogni luogo visitato, utile per riconoscere 'al volo' differenze tra luoghi simili e sapere subito dove ci troviamo. Inoltre gli scienziati hanno visto che, spegnendo un gene importante per la memoria nei neuroni del giro dentato di topolini, questi perdono la capacitą di distinguere due gabbie molto simili tra loro ma non identiche. L'ipotesi ventilata dagli scienziati č che se il meccanismo mnemonico scoperto 'entra in confusione', si avverte la sensazione di essere gią stati in un luogo in realtą per noi nuovo e quindi il deją-vu. In pratica, spiega Tonegawa, l'ippocampo crea delle mappe mentali di nuovi luoghi ed esperienze e le archivia per usi futuri, le tante immagini schedate sono ad alta definizione, riprendendo il posto in ogni dettaglio in modo da non confonderci: ma se due immagini sono molto simili tra loro la memoria puņ fare confusione e allora ecco incalzare il deją-vu.

La scoperta č importante, conclude Tonegawa, perché svela sofisticati meccanismi mnemonici e finalmente sembra risolvere un annoso dibattito su come il cervello sia capace di distinguere luoghi ed esperienze molto simili tra loro, portando un prezioso contributo agli studi sui disturbi di memoria.

2007-06-08 14:12
(Ansa)

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